Il centro storico di Salerno, con la sua valenza storica rappresentata dal susseguirsi di epoche – dalla fondazione come centro romano, poi longobardo, poi normanno, fino alle epoche più recenti con gli Svevi, gli Angioini e gli Aragonesi – è un contesto ideale nel quale calare le attività di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico, architettonico e culturale, obiettivo del consorzio Databenc.
Nell’ambito della visione di lungo periodo del Distretto Databenc e di concerto con le autorità competenti della Città di Salerno, sono stati identificati all’interno del patrimonio archeologico ed architettonico della città alcuni beni di pregio e di indubbio valore storico per i quali sviluppare delle iniziative di tutela e valorizzazione: Palazzo Fruscione (in accordo con il Comune di Salerno) e il complesso di San Pietro a Corte (in accordo con le Soprintendenze BAP/A).
L'ITINERARIO PROPOSTO SULLA "SMART APP PER I BENI CULTURALI"
L'itinerario, che si apre e termina a Piazza Portanova, snodo cruciale fra la città moderna e il centro storico, vuole evidenziare brevemente la singolare stratificazione che caratterizza il tessuto urbano della Salerno antica. Attraverso il puntuale riferimento a luoghi, a monumenti, a opere e documenti d'archivio che testimoniano le complesse vicende storiche che hanno segnato nei secoli la vita e l'immagine della città, il percorso offre al visitatore un primo saggio della ricchezza archeologica, architettonica e storico-artistica di Salerno, sottolineando le persistenze del passato ma anche le trasformazioni più recenti.
Un itinerario nello spazio e nel tempo che dall'età romana si spinge fino al presente, restituendo in maniera sintetica passaggi e luoghi più o meno noti del Centro Storico, proponendosi come momento iniziale di una mappatura che si svilupperà progressivamente, individuando altri itinerari e costruendo nuovi racconti.
1. PIAZZA PORTANOVA
Piazza Portanova si sviluppa all’esterno del centro storico. Dal XIV secolo fu luogo di traffici e di commercio. Fu uno degli spazi vitali della Fiera cittadina, la cui zona più importante aveva sede nell’area che si estendeva tra Porta Catena e Porta Nova. La porta, da cui deriva il toponimo dell’area, aveva una distinta collocazione da quella attuale. Furono le esigenze di viabilità e di spazialità connesse alle attività commerciali, a portare nel XVIII secolo all’odierna sistemazione.
I CADUTI DEL 1828
Nella chiesetta di San Pietro in Vinculis, che sorge ai confini della piazza, una lapide ricorda la tragica repressione dei moti che, nel 1828, infiammarono il Cilento. Il canonico Antonio Maria De Luca, carbonaro e promotore della rivolta, e i suoi venticinque compagni, furono imprigionati e fucilati a Salerno. I loro corpi furono gettati in una fossa comune nella chiesa.
LA PORTA
Verso il mare, voltando a sinistra per il vicolo ‘dei caciocavalli’ in piazza Flavio Gioia si apre la porta, realizzata nel 1754 in omaggio a re Carlo III di Borbone, che attraversava la città sulla strada per la tenuta di caccia di Persano. Fu realizzata dallo scultore Francesco Ragozzino, attivo a Salerno per la Cattedrale e per la chiesa dell’Annunziata. I documenti d’archivio attribuiscono la statua di San Matteo che sormonta la porta allo scultore Giovanni Pagano di Napoli. Il santo è raffigurato senza il libro e l’angelo che tradizionalmente ne caratterizzano l’immagine.

Porta Nova, dettaglio Porta - Scultura San Matteo attribuita a Giovanni Pagano di Napoli. Foto Matteo Maresca.
LA TRASFORMAZIONE URBANISTICA DEL NOVECENTO
Il nuovo piano regolatore della città di Salerno del 1914, realizzato a più riprese, firmato dagli architetti Napoletani Ernesto Donzelli e Nicola Cavaccini, prevedeva il riassetto della zona centrale per mezzo di grandi assi stradali su modello napoletano che si raccordavano grazie a piazze a disegno radiale, lunghi “boulevards” rettilinei che si collegavano per mezzo di “rond points stellari”. Una struttura rigorosa e simmetrica ancora persistente che taglia in due il centro e culmina in Piazza Portanova, punto di raccordo tra la città antica e quella contemporanea.

Piazza Portanova - La trasformazione urbanistica, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
2. VIA DEI MERCANTI
E’ il principale percorso di attraversamento del centro storico che porta al cuore della città. Nei secoli ha mantenuto la sua funzione commerciale e oggi è crocevia di turisti e studiosi per la presenza di chiese e di palazzi nobiliari. Da tempo è l’ingresso alla movida notturna: è qui, infatti, che nasce il primo caffè letterario della città, il caffè de’ Mercanti.
Da qualche anno, si trasforma periodicamente ne Il Giardino Incantato, uno dei progetti luminosi del celebre evento Luci d’artista.
LE DIMORE SIGNORILI
Nel XVIII secolo, il centro storico si popola di abitazioni signorili, che trasformano l’immagine della città con le loro facciate ornate di stucchi. Gli edifici, di solito arretrati rispetto alla strada, sono caratterizzati da cortili interni con doppie scale e, spesso, fontane.
Lungo via Mercanti, quasi di fronte a Palazzo Pinto e nel larghetto alle spalle della chiesa di San Gregorio, sorge Palazzo Carrara. Ricordato già nel 1692, il palazzo presenta nella facciata rivolta sulla strada cornici e decorazioni in stucco alle finestre e ai balconi e, all’interno, soffitti dipinti con scene mitologiche di tono rococò.
3. LA CHIESA DEL CROCIFISSO
(CHIESA DI S. MARIA DELLA PIETA’)
La chiesa in origine era annessa al monastero S. Maria della Mercede ed ospitava all’interno un dipinto duecentesco raffigurante la sacra croce, oggi conservata al Museo diocesano. Dotata di un atrio non più esistente la chiesa ha impianto basilicale a tre navate con colonne e capitelli di spoglio di età romano-imperiale, ed abside ad Est. Posta al limite dell’abitato altomedievale, nel muro settentrionale conserva alcuni elementi di particolare interesse, come l’antica porta di accesso ed una finestra ogivale in stucco con motivo a traforo. Attraverso la sacrestia, poi, è possibile accedere alla cripta.
LA CRIPTA
Era con molta probabilità un edificio religioso più antico su cui è poi sorta la chiesa attuale. L’impianto è quello di un’aula basilicale a tre navate ciascuna divisa in due campate coperte da crociera sostenute da colonne di spoglio. Di fronte all’altare originario, ricostruito in seguito ai restauri, è visibile l’affresco raffigurante la Crocifissione, datato all’ultimo decennio del XIII secolo, mentre nell’abside di destra si conserva un secondo affresco, raffigurante San Sisto Papa tra S. Lorenzo ed un santo pellegrino.
4. SAN PIETRO DE GRISONTE (OGGI SAN ROCCO)
La chiesa è citata per la prima volta nel 1165: il suo nome attuale nasce dall’odierna confraternita di S. Rocco che la gestisce, mentre traccia dell’antica dedica a S. Pietro rimane nel nome della piazzetta adiacente, Largo S. Petrillo.
E’ stata completamente ricostruita nel XVII secolo dalla famiglia De Iudice; allo stesso periodo risale la statua lignea della Madonna posta sull’altare principale. Presso il presbiterio, la Madonna sulla parete sinistra e il Crocifisso su legno sono opere recenti del pittore salernitano Mario Carotenuto.
Dell’artista Pierfrancesco Solimene, invece, sono le lastre di ceramica policroma inserite nella pavimentazione all’esterno della chiesa.
PIERFRANCESCO SOLIMENE, “PIETRE D’INCIAMPO”, 2012
In occasione della seconda edizione della rassegna “Door to door”, un percorso d’arte contemporanea negli spazi del Centro Storico (2011-2012), Pierfrancesco Solimene ha sostituito alcuni elementi della pavimentazione a basolato del centro storico con lastre di ceramica policroma. Il giovane artista salernitano ha dato nuova vita alla tecnica tradizionale della ceramica, utilizzandola per realizzare un contemporaneo e poetico “inciampo” visivo nel cuore della città antica.
I lavori sono presenti in largo S.Pietro a Corte, largo Abate Conforti, via Botteghelle, via Duomo e via Mercanti.
5. MUSEO DELLA SCUOLA MEDICA SALERNITANA
Nasce come Museo didattico nel 1993 ed è ospitato nei locali dell’antica chiesa di S. Gregorio, della quale la prima notizia risale al 1058. Nel 2009 l’originaria struttura museale si è trasformata in museo virtuale con percorsi tematici ed interattivi, in cui sono esposte immagini sulla Scuola Medica Salernitana provenienti da codici medievali custoditi in alcune tra le principali biblioteche europee.
Alcuni diplomi di laurea rilasciati dalla Scuola medica sono inoltre consultabili presso l’Archivio di Stato, in piazza Abate Conforti.

Museo della Scuola medica salernitana - Interno, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
CHIESA DI SAN GREGORIO
È una delle chiese più antiche della città, citata in un documento del 1058. Una lapide, che si conserva presso il Museo diocesano di Salerno, informa che nel 1172 la chiesa fu ricostruita per volontà dell’abate Roberto Guarna. Nel XV secolo risultava soggetta alla Badia di Cava ma tale dipendenza aveva preso origine da un documento dell’XI secolo, probabilmente falso. Nel 1503 è individuata come parrocchia.
LA SCUOLA MEDICA SALERNITANA
Le prime notizie della fama dei medici salernitani, che all’epoca aveva già superato i confini italiani risalgono al X secolo. La testimonianza dell’esistenza di una Scuola intesa come struttura didattico-scientifica, però, sono più tarde e le sue origini sono ancora oggi misteriose, benché siano sicuramente da connettere con la circolazione dei saperi medici che caratterizzava il Mezzogiorno altomedievale. Dopo lo straordinario sviluppo della medicina salernitana tra i secoli XI-XII, grazie anche all’arrivo e alla rielaborazione originale di testi arabi, greci ed europei in generi, la Scuola ricevette il suo importante riconoscimento con i provvedimenti legislativi di Federico II: nessuno avrebbe potuto praticare o insegnare la medicina senza un esame propedeutico presso i Maestri di Salerno. Nonostante il suo respiro internazionale e mediterraneo, la Scuola non diventò mai una facoltà universitaria.
6. PALAZZO PINTO
Il Palazzo, cui nome è legato alla famiglia Pinto, è l’esito dell’accorpamento di strutture realizzate a partire dall’età normanna, della quale si conservano elementi di spoglio, decorazioni parietali e frammenti di archi. I successivi ampliamenti ed interventi hanno portato, nel XVIII secolo, all’attuale configurazione. L’edificio era dotato di vani terranei adibiti a botteghe, locali di servizio, corte e stalla, mentre ai due piani superiori vi erano la galleria, la loggia e le stanze dei proprietari. Oggi, ospita la Pinacoteca Provinciale.

Palazzo Pinto - Foto d'epoca, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
IL MANOSCRITTO PINTO
Il cosiddetto “Manoscritto Pinto” è un repertorio delle famiglie nobili salernitane, risalente alla seconda metà del XIX secolo, sul quale, in ordine alfabetico, sono riportate notizie storico-genealogiche e rappresentanti gli stemmi delle famiglie ascritte ai tre seggi patrizi della città (Campo, Portanova, Portarotese). È conservato, insieme ad altri due esemplari, del XVIII e degli inizi del XX secolo, presso la Biblioteca provinciale di Salerno, ed è disponibile anche in versione digitale.
PINACOTECA PROVINCIALE
Inaugurata nel 2001, occupa il primo piano di Palazzo Pinto ed accoglie opere che testimoniano la cultura figurativa e l’immagine di Salerno e del suo territorio dal XV al XX sec.. Una sezione della collezione è dedicata all’attività degli artisti stranieri che, dall’inizio del ‘900, hanno scelto la Costa di Amalfi come luogo privilegiato di vita e di arte. Ospita anche esposizioni temporanee, eventi e concerti.

Palazzo Pinto - Ingresso Pinacoteca Provinciale, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
7. ARCO CATALANO
Nell’antica corte di Palazzo Pinto, cui si accede da una piccola porta sul fronte strada, recenti restauri hanno messo in luce un arco di tufo, dalla tipica forma ribassata, che risale all’età aragonese (XV sec.). Restituito al pubblico nel 2012, lo spazio comprende l’Enoteca Provinciale che cura e promuove la tradizione vitivinicola del territorio e accoglie mostre ed eventi culturali come il Festival della Letteratura.
PERSISTENZE CATALANE NEL CENTRO STORICO
Fin dagli inizi del XIV sec. si registrano presenze catalane nel territorio salernitano ed amalfitano testimoniate da interventi architettonici ed urbanistici tali da trasformare alcuni angoli delle città in “barrios” catalani. A Salerno l’architettura spaziale catalana è comprovata dalle caratteristiche arcate a sesto ribassato con modanature geometriche e decorazioni scultoree presenti in alcuni palazzi del centro antico in via Duomo, in via Tasso o in palazzi nobiliari come Palazzo Pinto e Palazzo Morese.
8. CHIESA DEL S. SALVATORE DE DRAPPARIA
La chiesa è a pianta ottagonale con elementi barocchi: eretta nel 1423, tra il 1515-1535 vi fu trasferita la confraternita dei maestri sartori. Scavi archeologici effettuati nel 1990 hanno portato alla luce una stratificazione molto complessa: strutture romane e longobarde, un balneum medievale, tracce di pavimento di età angioina e di botteghe artigiane.
LA DRAPPARIA
Della Drapparia, animata da “banchi e botteghe de argentieri e sartori”, ci informa lo scrittore Masuccio Salernitano (1410-1475), umanista alla corte napoletana di re Alfonso d’Aragona, nella sua opera intitolata “Il Novellino”, raccolta di racconti satirici e anticlericali, bandita dall’Inquisizione romana.
IL *BALNEUM* MEDIEVALE
Gli scavi archeologici hanno messo in luce al di sotto della chiesa una importante vasca in marmo, alla quale si accedeva tramite tre gradini, che ricevevano acqua da una seconda vasca posta più in alto. L’ambiente funzionò fino all’XI-XII secolo ed è sicuramente parte di un bagno realizzato a servizio del palazzo longobardo. La realizzazione di un *balneum* era strettamente connessa alla necessità di reperire una fonte idrica e la zona a nord-ovest di Salerno, in antico come oggi, era dotata di numerosi torrenti, canali e lame d’acque, alcuni dei quali citati nella toponomastica attuale: “Via Fusandola”, “salita della Lama”, “via dei Canali”. Il *balneum* salernitano e le precedenti terme di età romana furono alimentati da una falda acquifera posta nelle immediate vicinanze che riceveva le acque grazie ai numerosi torrenti che scendevano a valle dal monte Bonadies e che alimentavano anche giardini, peschiere e fontane. Il *bagno* longobardo funzionò fino all’XI secolo, quando iniziò il declino del palazzo di Arechi II. In seguito all’abbandono delle strutture questa parte dell’area della *curtis* fu occupata da botteghe e nel 1423 vi fu edificata la chiesa di S. Salvatore de drapperia su commissione di Pacilio Surdo, come recita l’epigrafe posta sul muro dell’edificio.
9. IL PALAZZO DI ARECHI
Costruito per volontà di Arechi II, duca di Benevento, nella seconda metà dell’VIII secolo, il palazzo riprende modelli di architettura tardo antica. L’edificio si elevava su ampie arcate sostenute da colonne e capitelli di età romano-imperiale, presentava una scenografica scala rivolta sul litorale e comprendeva la cappella privata del signore (la Cappella Palatina) circondata da un loggiato, in parte ancora visibile. Oggi la struttura originaria è stata profondamente modifica da aggiunte di età moderna.

Palazzo Arechi - Dettaglio colonna con capitello, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
ARECHI II (734-787)
Genero del re longobardo Desiderio (sconfitto da Carlo Magno nel 774), Duca di Benevento nel 758, nel 774 assunse il titolo di *princeps gentis Longobardorum* e trasferì la sua corte da Benevento a Salerno, dove in pieno centro cittadino, aveva fatto costruire il suo Palazzo. Intellettuali e letterati come Paolo Diacono ed Erchemperto, entrambi autori di una Storia dei Longobardi, ne lodarono raffinatezza culturale e nobiltà di spirito; promosse la costruzione di chiese e monasteri sia a Benevento sia a Salerno.

Palazzo di Arechi - Dettaglio archi, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
10. SAN PIETRO A CORTE

San Pietro a Corte - Esterno, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.

San Pietro a Corte - Foto d'epoca, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
Arechi II dotò il proprio palazzo di una chiesa privata che intitolò ai SS. Pietro e Paolo. Alla cappella palatina si accedeva attraverso una porta posta sul muro settentrionale oggi non più visibile perché coperta da uno degli altari settecenteschi. L’aula, di forma rettangolare con abside quadrata e atrio, ricalcò la planimetria della sottostante chiesa paleocristiana, e fu riccamente arredata.
In tema con la tradizione romano bizantina, le maestranze realizzarono un pavimento ad intarsi con marmi provenienti da edifici di età imperiale, mentre l’abside fu arricchita con tessere vitree su foglia d’oro. Completava l’arredo un’iscrizione in marmo che esaltava l’opera del suo costruttore. A metà del XII sec. l’aula liturgica della chiesa paleocristiana fu scorporata dall’aula cimiteriale.

San Pietro a Corte - Interno, Archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.

San Pietro a corte - I dipinti - La Madonna con Bambino Santi e Abate, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.

San Pietro a Corte - Tela del soffitto, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
LA CHIESA PALEOCRISTIANA
Sul finire del V secolo l’ambiente riservato ai bagni freddi (*frigidarium*) del complesso termale di I-II sec. d.C. fu trasformato in chiesa cimiteriale per volontà di Socrates personaggio di rango della città bizantina, che realizzò per se e per la sua famiglia una cappella funeraria che funzionò fino all’VIII secolo, accogliendo numerosi defunti tra i quali la piccola Theodenanda morta all’età di quattro anni. La chiesa e il cimitero a metà dell’VIII secolo furono inglobati nello spazio sottostante la cappella palatina del duca Arechi II.

San Pietro a Corte - Chiesa paleocristiana, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
IL PAVIMENTO DELLA CAPPELLA PALATINA DI ARECHI II
Nella costruzione della cappella di palazzo del duca longobardo furono eliminate le volte dello spazio sottostante e fu realizzato un solaio nel quale furono sistemati “tappeti” marmorei realizzati con marmi colorati provenienti da edifici di età imperiale.
Le tessere di porfido rosso, serpentino verde, bardiglio, cipollino e altre tipologie di marmo policromo furono sapientemente assemblate dai maestri “commacini” che lavorarono presso la corte longobarda es alcune di queste costituiscono a tutt’oggi un *unicum* nel panorama decorativo pavimentale altomedievale. Anche l’abside della chiesa fu rivestita da un mosaico marmoreo nel quale furono inserite numerose tessere di vetro dipinto in oro, secondo un’antica tecnica di tradizione romana ma anche nota ai maestri vetrai dell’VIII secolo.

San Pietro a Corte - Mosaico, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
L’ORATORIO DI XII-XIV SECOLO
La quota di calpestio esterna era intanto cresciuta in seguito a crolli ed alluvioni e per accedervi fu necessario rinforzare i muri perimetrali e creare un nuovo vano di ingresso dall’alto e una scala per raccordare le altezze. All’interno fu costruito un *sedile* e un leggio mentre sulle pareti furono raffigurati in più momenti numerosi santi. Utilizzata, probabilmente, come una delle aule della Scuola Medica Salernitana fino al XIV secolo, in seguito al crollo del soffitto della soprastante chiesa palatina longobarda fu abbandonata definitivamente.
La memoria della chiesa fu affidata ad una edicola che raffigura la Madonna con il Bambino, sulla destra S. Caterina d’Alessandria e a sinistra S. Pietro. L’affresco è oggi visibile nella adiacente chiesa di S. Anna.

San Pietro a Corte - Oratorio, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
11. LA CAPPELLA DI S. ANNA
Di fianco alla cappella palatina longobarda sorge una cappella stretta e lunga intitolata a S. Anna. L’edificio fu costruito nel seicento utilizzando il muro nord delle strutture murarie del complesso del palazzo di Arechi e la muratura est del campanile. Al suo interno sono conservati interessanti affreschi tra cui uno realizzato prima della costruzione della stessa chiesa, cosa che ha generato confusione circa la datazione dell’edificio stesso. Oggi la chiesa è sede del “Gruppo Archeologico Salernitano”.

Santa Maria delle Grazie - Esterno, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
IL CAMPANILE
Nel 920 d.C. il principe di Salerno Guaimario II fece edificare vicino alla chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Corte una campanile che le fonti descrivono piccolo e molto bello. Di questo campanile purtroppo non abbiamo più notizia ed esso è spesso confuso con quello odierno, adiacente alla chiesa di S. Anna, la cui costruzione risale al quattrocento, come hanno messo in evidenza le indagini archeologiche. La presenza di un capitello visibile al terzo piano del vano scala del palazzo per civili abitazioni posto ad Est della chiesa ed alcuni elementi architettonici al primo ordine suggeriscono l’ipotesi che il campanile altomedievale sia stato adibito a vano scala come è successo per il campanile della chiesa di S. Maria de Domno (oggi scomparsa) in via Masuccio Salernitano.

Santa Maria delle Grazie - Campanile, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
LA DECORAZIONE PITTORICA
Sul muro nord della Chiesa di S. Anna si trova un affresco cinquecentesco che raffigura la Vergine con a destra S. Caterina d’Alessandria e a sinistra S. Pietro. L’opera venne realizzata quando sia la chiesa palatina, la cui memoria collettiva riconduceva al solo S. Pietro, sia l’antico oratorio, dove era raffigurata più volte S. Caterina alessandrina, erano inagibili a causa del crollo del soffitto della cappella palatina. La memoria delle due chiese fu così affidata all’affresco, che si trova oggi ad una altezza insolita, cosa dovuta al fatto che nel cinquecento il piano stradale era più basso. All’interno dell’edificio si può anche ammirare un dipinto di Filippo Pennino realizzato nel secondo decennio del XVIII secolo raffigurante la natività della Vergine.
12. PALAZZO FRUSCIONE
Il palazzo prende il nome dal suo ultimo proprietario ed oggi è del Comune. L’edificio presenta numerose fasi che vanno dall’XI-XII secolo all’età contemporanea. Un primo nucleo edilizio sorse nell’area della curtis longobarda, di fianco alla chiesa palatina, che nell’VIII secolo era occupata da orti e giardini. In età normanna il palazzo aveva soltanto due piani, il terzo vi fu aggiunto tra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV, mentre il quarto piano è una sopraelevazione settecentesca.
In età medievale, venne eretta la Chiesa di Santa Rita, confinante con la chiesa di S. Matteo Piccolo, originariamente era sede della chiesa di S. Antonio di Vienne con funzioni di pubblica assistenza. Il palazzo è oggi utilizzato come luogo di esposizione e accoglie mostre ed eventi di diversa natura.
LA FACCIATA ORIENTALE
Questo lato del palazzo Fruscione ha conservato la caratteristica decorazione a tarsie. L’età normanna vide il fiorire di decorazioni architettoniche policrome che riproponevano, attingendo da codici miniati, stoffe e mosaici, antiche matrici orientali. L’arco intrecciato divenne la decorazione maggiormente diffusa in Italia meridionale, proposta sia sugli edifici ecclesiastici sia sulle dimore dei laici. Da Salerno a Capua, da Lettere a Ravello, da Melfi a Palermo, la fantasia degli scalpellini ebbe libero estro e i motivi a zig-zag, ad alabarda, a scacchiera e, in qualche caso, zoomorfi impreziosirono e accentuarono il cromatismo delle facciate.
IL MOSAICO DI I-II SECOLO d.C
Gli scavi archeologici hanno messo in luce i resti di un mosaico a motivi geometrici in gran parte distrutto dalle costruzioni medievali. Esso era composto da una cornice a fasce nere parallele contenente un motivo a cerchi incatenati che producono un disegno di petali in successione. L’ambiente col mosaico, le cui pareti sono rivestite da decorazioni in rilievo di stucco e dipinti, apparteneva alle Terme di I-II sec. d. C. individuate nell’area di San Pietro a Corte. Tracce di ben tre successivi restauri del mosaico fanno comprendere che le Terme furono frequentate a lungo.
CHIESA DI SANTA RITA
La santa della “Spina” e della “Rosa” o anche delle “grazie impossibili” gode di una particolare venerazione nel quartiere, dove, dal 19 maggio, si organizza il triduo di preparazione alla festa, che cade il 22maggio, durante la quale si celebrano la messa solenne e altre attività liturgiche culminanti con la benedizione e la distribuzione delle rose.
13. CHIESA DELL’ANNUNZIATELLA
Il diminutivo è dato dalla presenza della vicina basilica della SS. Annunziata da cui differisce per grandezza e funzione. La chiesa è, infatti, annessa al complesso dell’Educandato femminile Ave Gratia Plena, con il quale comunica attraverso un passaggio al secondo piano dell’edificio che permetteva alle ospiti di seguire le celebrazioni nei due cori ad esse riservati. Presenta una facciata bicroma con un portale con lo stemma dell’Istituto e all’interno accoglie opere settecentesche di scuola napoletana. Nel 1946 vi fu trasferita la parrocchia di S. Andrea de Lama, che mutò il nome in S. Andrea dell’Annunziatella.
I DIPINTI
Nelle cappelle laterali dell’unica navata, sono presenti dipinti tardo settecenteschi raffiguranti San Domenico e San Francesco, San Carlo Borromeo, attribuito a Didacus Sessa, il transito di San Giuseppe che è collocato nella Cappella Copeta, e Santa Teresa di Gesù, un’opera di cui si legge in parte la firma dell’autore, forse Nicola Luciano, pittore salernitano attivo nel XVIII sec. di scuola solimenesca, influsso riscontrabile anche nei dipinti raffiguranti San Matteo e L’Annunciazione.

Chiesa dell'Annunziatella - I dipinti - San Carlo Borromeo, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
14. CONSERVATORIO AVE GRATIA PLENA MINORE
L’antico complesso settecentesco ospitava un educandato per donne nubili o orfane, “fanciulle povere, vergini e di honesta famiglia”. Nell’ingresso, sono ancora visibili i resti di una chiesa del X sec. e nel quadriportico una fontana del XVIII sec. L’edificio ha subito molte trasformazioni e, dopo i gravi danni del terremoto del 1980, è stato oggetto di un intervento di adeguamento funzionale. Oggi accoglie l’Ostello della Gioventù, dopo essere stato a lungo casa-albergo per anziani. Nel periodo estivo, è luogo di incontro, sede di eventi culturali, spettacoli e concerti.
IL QUADRIPORTICO E LA FONTANA
Nel corso del XVIII secolo, l’antico quadriportico aragonese, dalle colonne massicce in blocchi di pietra vesuviana, subì profonde trasformazioni, fra cui la copertura di alcune colonne e l’inserimento della fontana, che fa da sfondo prospettico al cortile.
Il posizionamento all’interno del quadriportico evidenzia in modo chiaro come la fontana, costituita da una vasca barocca, sia un elemento aggiunto: si inserisce infatti in modo asimmetrico a ridosso del colonnato per nascondere una muratura di sostegno realizzata per ovviare al cedimento della retrostante arcata del portico. Lasciata per lungo tempo al degrado, è stata restaurata insieme all’intero Complesso dell’ex-Conservatorio nel 2000.

Ave Gratia Plena - Quadriportico interno, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.

Ave Gratia Plena - Fontana e quadriportico, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.

Ave Gratia Plena - Foto d'epoca, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
15. VIA DEI CANALI
La strada, caratterizzata da una forte pendenza, deve il suo nome alla presenza di uno dei numerosi canali che, dalle pendici del monte Bonadies, scorrevano nel centro antico, delineandone gli spazi. La presenza di corsi d’acqua è testimoniata dai nomi di strade o edifici come Canalone, de Lavinia, de Lama. All’incrocio con via Tasso, lungo via dei Canali prospettano edifici che esibiscono colonne di spoglio, in corrispondenza della testata d’angolo.

Via dei Canali - Foto d'epoca, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
LA CHIESA DI SAN GRAMMAZIO
Tra via dei Canali e Largo Abate Conforti sorgeva una chiesa, oggi scomparsa, dedicata a San Grammazio, vescovo cittadino deceduto a 41 anni nel 525, di cui si conservava la lapide sepolcrale, anch’essa perduta.
16. VIA TASSO
La strada è delimitata da diversi edifici risalenti al XI secolo, tra i quali le strutture del Complesso di Santa Sofia; notevoli sono anche alcuni edifici storici di età moderna, come Palazzo Lauro Grotto, Palazzo Ruggi D’Aragona e Palazzo Conforti. La via sbocca ad oriente in Largo Abate Conforti, dove forse sorgeva il foro di età romana, e termina ad occidente nella così detta Torre dei ladri, teatro di racconti popolari. Si dice che gli imprigionati vi venissero giustiziati e poi esposti alla cittadinanza.
I PALAZZI NOBILIARI
I numerosi palazzi nobiliari che si affacciano su via Tasso si sviluppavano come delle autonome insulae e sono il risultato di successivi ampliamenti. Simile la loro struttura: attraverso un maestoso portale si accede al cortile, talvolta arricchito da fontane, e da qui alle strutture di servizio, agli appartamenti ed al piano nobile, in cui dimoravano i proprietari.
I Palazzi Conforti e Ruggi d’Aragona si distinguono per le scenografiche scalinate e in Palazzo Lauro Grotto si osserva una cappella conservata nella sua veste settecentesca.

Via Tasso - Palazzo Conforti, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.

Via tasso - Fontana Palazzo Ruggi d’Aragona, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
17. IL COMPLESSO MONUMENTALE DI SANTA SOFIA
La chiesa di S. Sofia, nota anche come Santissima Addolorata, è parte del monastero di S. Sofia, fondato agli inizi dell’XI secolo. Divenuto proprietà della Badia di Cava dei Tirreni, dal 1309 fu sede delle monache benedettine che vi rimasero fino al 1589. Il monastero passò ai Gesuiti che edificarono la chiesa attuale e vi rimasero fino al 1778, anno in cui il monastero fu ceduto ai padri carmelitani. Soppresso nel 1807 il convento divenne sede del Tribunale Civile e nel 1938 scuola statale. La chiesa è a navata unica con cappelle laterali, e vi si accede da una scalinata monumentale realizzata solo nel XIX secolo. Il complesso monumentale oggi è sede di convegni, eventi culturali e mostre d’arte.

Santa Sofia e Addolorata - Esterno, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
LA CHIESA
Nella prima metà del XVII secolo, i Gesuiti abbandonarono l’originaria chiesa di Santa Sofia, piccola e buia, ed edificarono una nuova chiesa su un terreno appena acquistato. Il progetto per la nuova costruzione fu realizzato solo in parte e oggi la chiesa è a navata unica coperta a botte, con due cappelle per lato. Nel XIX secolo, l’arcivescovo Marino Paglia avviò i restauri della chiesa, allora molto degradata, e fece ricostruire la cupola, il pavimento, la facciata con le lesene, i capitelli corinzi e il timpano triangolare, e la scala a doppia rampa e balaustra. Nel 1846, la chiesa, che dal 1778 era stata assegnata ai Carmelitani con il nome di chiesa del Carmine, fu restituita all’Ordine dei Gesuiti. Nel 1868 fu affidata alla Confraternita dell’Addolorata, da cui oggi prende il nome.

Santa Sofia e Addolorata – Esterno, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.

Santa Sofia e Addolorata - Foto d'epoca, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.

Santa Sofia e Addolorata - Pavimento interno della chiesa, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
LE ATTIVITA' CULTURALI ED ESPOSITIVE
In seguito agli importanti lavori di restauro e di ristrutturazione che alla fine del secolo scorso hanno interessato l’intero complesso monumentale, oggi gestito dal Comune, il convento di Santa Sofia e la chiesa dell’Addolorata sono stati destinati ad ospitare attività culturali ed espositive. Particolare successo hanno ottenuto le mostre di Mirò (2002), Chagall (2003) Warhol (2003), Picasso (2004) ed alcuni progetti espositivi inediti dedicati alla critica d’arte del Novecento proposti nel 2009 e nel 2010 dalla Fondazione Filiberto Menna.
Attenzione è stata data anche a figure e temi dell’architettura e del design contemporanei (Enzo Mari, Pier Luigi Nervi) e alle produzioni artistiche e artigianali del territorio. Più di recente, il Complesso monumentale ha accolto alcune edizioni del Festival delle Cultura giovani- Linea d’ombra, e di Comicon, mostra-mercato del fumetto.
18. LARGO ABATE CONFORTI
La piazza è dedicata all’Abate Giovanni Francesco Conforti, teologo, giurista e storico salernitano, giustiziato in piazza del Mercato a Napoli, per aver aderito alla Repubblica napoletana del 1799. La piazza, già denominata Largo delle Assise, poiché vi insistevano strutture giudiziarie fin dal XVII secolo, ospita l’Archivio di Stato e il Convitto nazionale “T. Tasso”.
In età romana l’area accoglieva il foro cittadino. Il muro perimetrale che chiude la piazza è stato scelto da Domenico Antonio Mancini per un intervento artistico realizzato nel 2011.

Piazza Abate Conforti - Dettaglio, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
ARCHIVIO DI STATO
Nel 1637 fu sede della Regia Udienza, poi nel XIX secolo del Tribunale di Prima istanza e della Gran Corte Criminale, in cui si svolsero molti processi relativi a persone coinvolte nei moti insurrezionali del Risorgimento. Nei suoi locali sarebbe stato imprigionato Giovanni Nicotera, compagno di Pisacane nella spedizione di Sapri. Dopo l'Unità d'Italia ospitò il Tribunale Civile e Correzionale e vi fu alloggiata anche la Corte d'Assise. Nel 1934 divenne sede dell'Archivio Provinciale.
CAPPELLA DI S. LUDOVICO
Ubicata al pianterreno dell'Archivio di Stato di Salerno, è così denominata dall'affresco di età angioina venuto alla luce nel 2009, nel quale è raffigurato san Ludovico d’Angiò (1274-1297). Questi era figlio di Carlo II e di Maria d’Ungheria ed erede al trono di Napoli, ma rinunciò alla successione ed entrò nell’ordine francescano, diventando più tardi vescovo di Tolosa. La cappella presenta volte a crociera decorate con affreschi di XIII secolo.
CONVITTO NAZIONALE "TORQUATO TASSO"
Nel XIII secolo nell’area dove sorge l’attuale istituto scolastico fu edificato il convento francescano dell’ordine di S. Chiara, intitolato a Maria Maddalena. Nel 1453 si trasformò in monastero benedettino femminile e fu soppresso nel 1812. Nel 1814 diventa sede del Reale Liceo ed annesso Convitto, più tardi denominato “Real Collegio di San Luigi”, tenuto dai Gesuiti fino al 1860.
LE EPIGRAFI
Dall’area presunta del Foro romano, oggi Largo Abate Conforti, provengono tre basi di statue onorarie con iscrizioni latine, ora conservate nel giardino del Museo Archeologico Provinciale (via S. Benedetto) datate tra il IV ed il V secolo d.C. La prima ricorda la statua dell’imperatore Costantino eretta tra il 312 ed il 315 dall’ordo populusque salernitanus, il senato della città che, come tutte le altre dell’Impero, era tenuta a dotarsi di una scultura del sovrano in carica.
La seconda è la dedica di una statua ad Elena, la madre dell’imperatore Costantino, eretta tra il 324 ed il 326 da un Alpinius Magnus, corrector – cioè governatore – della Provincia di Lucania e Bruzio, che si estendeva da Salerno alla Calabria.
La terza statua era accompagnata dalla dedica – del V secolo - ad Arrio Mecio Gracco, generoso patronus di Salerno, ridiede coraggio ai cittadini in fuga dalla città alluvionata.
DOMENICO ANTONIO MANCINI, UNTITLED, 2011
L’opera di Domenico Antonio Mancini (Napoli, 1980), realizzata per la rassegna d’arte contemporanea Door to door che, su un progetto della soprintendente Maura Picciau, ha occupato nel 2011 e nel 2012 gli spazi del Centro Storico, invita a riflettere sulla necessità di affrontare diversamente il rapporto con la tradizione.
Attraverso una citazione delfilosofo tedesco Theodor Adorno, scritta sul muro come fosse un messaggio d’amore o di protesta, l’artista suggerisce che dare vita alle speranze e ai desideri del passato sia il modo migliore di preservarne il significato e la memoria.
19. VIA DELLE BOTTEGHELLE
Prima dell’apertura di via Duomo nel Seicento, via delle Botteghelle rappresentava con via dei Canali, uno degli assi viari principali di collegamento fra lo spazio cittadino a monte e il litorale. La strada che conduce al Largo Abate Conforti, un tempo detto Largo delle Assise, era denominata Salita di Capopiazza, mentre ad essere conosciuta come alle Potechelle è l’attuale strada via Romualdo II Guarna. Lungo la strada sorge Palazzo D’Avossa.
ROMUALDO GUARNA
La via è intitolata all’arcivescovo di Salerno, attivo dal 1153 al 1181, agiografo, cronista e medico della Scuola salernitana di medicina, appartenente alla nobile famiglia dei Guarna. A lui si devono l’ambone, posto a sinistra della navata centrale della Cattedrale di Salerno, il *Chronicon sive Annales*, storia universale dalle origini al 1178 e fonte di riferimento per la storia del Regno normanno (pervenutoci in vari esemplari attualmente conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana e la Biblioteca nazionale di Parigi), e forse la riforma della liturgia salernitana, confluita nel *Breviarium* della Chiesa Salernitana, manoscritto pervenutoci in una copia del 1434, in scrittura gotica, conservato presso il Museo diocesano di Salerno.
PALAZZO D'AVOSSA
Il Palazzo nasce dall’accorpamento e la sistemazione di due fabbricati per volontà della famiglia Della Calce. Il passaggio di proprietà ai d’Avossa avviene nel XVIII secolo. Come altri palazzi è dotato di cortile, arricchito da cinque statue, e di sale della galleria dove sono esposti diversi dipinti. Le pareti dello scalone che conduce ai piani superiori erano affrescate con scene della Gerusalemme Liberata, di Torquato Tasso, oggi andate perdute. Una parte del complesso è sede della Soprintendenza.
20. CATTEDRALE DI SAN MATTEO
Nell’XI secolo l’antica chiesa cattedrale dedicata a S. Maria dei Genitrice assunse la doppia intitolazione di ‘S.Maria e S. Matteo’ in seguito all’arrivo nel 954 d.C. delle reliquie dell’Apostolo ed Evangelista S. Matteo provenienti da Velia. La chiesa era posta alle spalle dell’antico palazzo vescovile dalla cui espansione negli anni è stata totalmente inglobata.
Nel 1085 papa Gregorio VII consacra la nuova cattedrale voluta dall’arcivescovo Alfano I e finanziata dal conquistatore normanno della città, Roberto il Guiscardo. L’edificio originario si sviluppò su un impianto basilicale a tre navate di ispirazione tardo antica, qualche anno prima attuato anche per la chiesa principale di Montecassino. La porta in bronzo fu fusa a Costantinopoli nel tardo XI secolo per volere del salernitano Landolfo Butrumile, alto dignitario della corte bizantina.
Nel XII secolo l’edificio fu completato con il quadriportico e il campanile, mentre la facciata odierna e la scala di accesso sono un rifacimento settecentesco. All’interno, assai rilevanti i pavimenti in marmo intarsiato, i mosaici, i due amboni, il cero pasquale che risalgono tutti al XII secolo, e la tomba monumentale di Margherita di Durazzo dei primi anni del XV secolo. La cripta custodisce il sepolcro e la statua bifronte del santo patrono.
SALA SAN TOMMASO
È ubicata nel quadriportico della Cattedrale, sulla destra rispetto al portale di ingresso (Porta dei Leoni), ed è conosciuta come cappella superiore di S. Caterina (quella inferiore corrisponde all’attuale sala S. Lazzaro). Si tramanda che originariamente vi fosse ubicato lo Studium di Teologia in cui insegnò san Tommaso negli anni 1259-1268, 1272-1273 e che fino al XVIII secolo fosse stata una delle sedi di insegnamento della Scuola medica salernitana.

Cattedrale - Sala san Tommaso, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
GLI AVORI OGGI AL MUSEO E PROVENIENTI DALLA CATTEDRALE
Destinate ad un trono liturgico oppure al fronte di un altare erano le circa settanta tavolette conservate al Museo Diocesano, che costituiscono senza dubbio il più importante ciclo eburneo del Medioevo. Illustrano scene del Vecchio Testamento con un’enfasi sul patto d’alleanza tra Dio e gli uomini – probabile riflesso di quello stretto dai dominatori normanni con la Chiesa – e del Nuovo Testamento con un’enfasi sulle guarigioni operate da Cristo – verosimile riflesso dell’attività della locale scuola medica.

Cattedrale - Avori, Nuovo Testamento, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
I DIPINTI OGGI AL MUSEO DIOCESANO E PROVENIENTI DALLA CATTEDRALE
L’arcivescovo Isidoro Sanchez de Luna e il marchese Giovanni Ruggi d’Aragona donarono parte della loro quadreria di soggetto sacro alla Cattedrale. I dipinti offrono uno spaccato della più alta cultura figurativa seicentesca grazie ad opere del calibro della Giuditta di Francesco Guarino, la Madonna della rosa di Massimo Stanzione, la Sacra famiglia di Angelo Solimena, ed altre pregevoli opere di Luca Giordano, Giovan Battista Beinaschi e Nicola Vaccaro. Oggi le opere sono visibili nelle sale del Museo Diocesano San Matteo.

Cattedrale - M.Stanzione, La Madonna della rosa, olio su tela, sec.XVII, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
LA PORTA DEI LEONI E IL QUADRIPORTICO

Cattedrale di San Matteo - Il quadriportico, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
Nel XII secolo alla chiesa fu annesso il quadriportico, realizzato su due ordini, il primo costituito da colonne e capitelli di spoglio di età romano-imperiale, il secondo da un loggiato decorato con tarsie in tufo giallo e nero. Il quadriportico ospita numerosi sarcofagi di età romana e medievale ed alcuni elementi lapidei provenienti da più edifici cittadini. A completamento fu aggiunta al centro una fontana in porfido, oggi nella villa Comunale di Napoli, un portale marmoreo.

Cattedrale - Porta dei Leoni, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
IL CAMPANILE
Addossato al quadriportico, il campanile fu eretto dall’arcivescovo Guglielmo di Ravenna (1137-1152), come ricorda l’epigrafe affissa sul lato meridionale. Costruito nella parte inferiore con conci antichi e colonne angolari di reimpiego, nella parte superiore è alleggerito dall’uso del laterizio e da bifore. Lo completa la cupola, decorata da archi intrecciati e da una fascia di tarsie in pietra policroma tipica dell’architettura normanna di XII secolo e presente in numerosi edifici dell’Italia meridionale dello stesso periodo.
PAVIMENTO E MOSAICI
I pavimenti marmorei dell’area presbiteriale della cattedrale risalgono al XII secolo. Nell’abside di destra il Battesimo di Cristo, unisce l’originaria decorazione a mosaico di tardo XIII- inizi XIV secolo conservata nella parte superiore ad un affresco dei primi del XV secolo nella fascia inferiore, eseguito per completare la scena rimasta incompleta oppure danneggiata da un cataclisma.
Nell’abside di destra, probabilmente in origine decorata solo con Michele arcangelo, alla metà del XIII secolo Giovanni da Procida, gran cancelliere del re Manfredi, fece raffigurare i santi Matteo, Fortunato, Giovanni, Giacomo e Lorenzo. Il committente fu ritratto in proporzioni minori ai piedi di San Matteo, titolare della cattedrale. La presenza del martire Fortunato si spiega perché insieme a Gaio e Ante era uno dei patroni di Salerno prima della traslazione delle reliquie di Matteo.

Cattedrale - Pavimenti e mosaici, archivio fotografico Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Salerno.
AMBONI
I due amboni e il cero pasquale sono capolavori dell’arte meridionale di età medievale. L’iscrizione in mosaico che corre sull’ambone ‘minore’ ne ricorda il committente, l’arcivescovo Romualdo II Guarna († 1181), medico, cronista, abile diplomatico al servizio dei re normanni di Sicilia.
L’ambone maggiore è tradizionalmente legato alla figura del suo successore Niccolò d’Ajello († 1222). L’esecuzione di entrambi si rivela opera di marmorai attivi tra Roma, la Campania e la Sicilia.
SEPOLTURA DI MARGHERITA DI DURAZZO
Proveniente dalla chiesa di San Francesco è la tomba monumentale di Margherita di Durazzo († 1412), moglie del re Carlo III di Napoli, di cui era cugina. Fu abile reggente al posto del figlioletto Ladislao. Si ritirò ad Acquamela, presso Baronissi, dove morì indossando il saio delle terziarie francescane.
Il sepolcro la mostra giacente, ma anche come regina sul fronte e in abito di monaca sul retro, ora non visibile. Un’iscrizione ricorda il nome dello scultore, Antonio Baboccio da Piperno.

Cattedrale - Tomba Margherita di Durazzo, archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
LA CRIPTA
E’ stata realizzata agli inizi del Seicento dagli architetti Domenico e Giulio Cesare Fontana che hanno organizzato lo spazio in funzione della statua bifronte di San Matteo, opera di Michelangelo Naccherino. Belisario Corenzio lavorò alla volta con scene dell’Infanzia e della Vita pubblica di Gesù.
L’abside fu la cappella della Scuola Medica Salernitana che commissionò le statue bronzee dei Martiri a Giovan Domenico Vinaccia, mentre le statue dei vescovi salernitani furono realizzate più tardi da Francesco Ragozzino. Nelle due absidi laterali, una dedicata alle Sante Martiri e l’altra ai Vescovi confessori, sono collocati **dipinti** del XVII sec.
21. SALA SAN LAZZARO – IL PRESEPE DI CAROTENUTO
Fra i pittori salernitani più amati, Mario Carotenuto, nato nel 1922 a Tramonti, da oltre trent’anni offre alla città il racconto di fede e di vita del suo Presepe dipinto. Inaugurato nel 1982 con la presentazione di un primo, tradizionale nucleo di figure sacre, il presepe si è via via arricchito di personaggi che testimoniano della storia civile e culturale della città. Tra i protagonisti che abitano l’installazione, visitabile da novembre fino a gennaio, il poeta Alfonso Gatto e, dal 2014, il critico d’arte Filiberto Menna.
I PERSONAGGI
Oltre alle figure della Natività, nel suo presepe dipinto Mario Carotenuto ha collocato anche le sagome a grandezza naturale di alcuni protagonisti della Salerno contemporanea. Accanto a familiari e amici dell’artista – tra gli altri, Peppe Natella, animatore della Bottega San Lazzaro, il fotografo Corradino Pellecchia e il grafico e artista Gelsomino D’Ambrosio – si riconoscono infatti personaggi pubblici molto popolari. Tra questi, Alfonso Menna, storico sindaco della città nei difficili anni del secondo dopoguerra, ritratto nel 1994 all’età di 101 anni, e Vincenzo De Luca, il nome più noto della recente storia politica e amministrativa salernitana. Sono anche riconoscibili alcune figure del clero locale mentre l’attrice napoletana Concetta Barra è raffigurata nella scena del pranzo di Natale.
22. PALAZZO ARCIVESCOVILE – IL TEMPIO DI POMONA
Edificato probabilmente tra l’XI e il XII secolo, il Palazzo è stato trasformato completamente nel XVI e nel XVIII, quando fu restaurato dall’architetto napoletano Ferdinando Sanfelice. Della sua fondazione rimangono, sul lato verso la Cattedrale, colonne e frammenti di archi decorati con pietre colorate. Conserva dipinti di scuola napoletana del XVII e del XVIII secolo, per la maggior parte, provenienti da altre sedi della Diocesi, e un’epigrafe del I sec. d.C. che ricorda lavori di abbellimento di un tempio di Pomona finanziati dal liberto Tito Tettieno Felice.
A lungo si è ritenuto che l’epigrafe provenisse da un edificio sacro eretto in quest’area, e ad esso sono state riferite le sei colonne con capitelli decorati da teste femminili, visibili al piano terra del Palazzo: colonne e capitelli, invece, provengono probabilmente dal cd. “Tempio della Pace” di Paestum e l’iscrizione da Roma.

Palazzo Arcivescovile e Tempio di Pomona - Archivio fotografico Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno.
STORIA DELLA DIOCESI
Le prime notizie della diocesi di Salerno risalgono alla fine del secolo V e gli inizi del VI, quando vi sono documentati i primi vescovi Gaudenzio e Grammazio; nel 983 circa Amato è il primo arcivescovo della Chiesa salernitana. Tra gli arcivescovi salernitani spicca nella seconda metà dell’XI secolo Alfano I, il cui nome è legato alla Cattedrale di Salerno, insieme a quelli del normanno Roberto il Guiscardo, duca di Puglia e Calabria e del papa Gregorio VII.
Nel corso del tempo i confini del territorio e della giurisdizione diocesani si restringono; le annessioni delle diocesi di Acerno e di Campagna avvengono rispettivamente nel 1818 e nel 1986, anno questo in cui viene istituita l’Arcidiocesi di Salerno - Campagna – Acerno.
23. VIA ROBERTO IL GUISCARDO
La strada, che separa la Cattedrale dal palazzo Arcivescovile, è sormontata dal passaggio che mette in comunicazione i due edifici mediante l’originaria cappella detta di Nona, che prende il nome dall’ora liturgica. Sul lato che fiancheggia la Cattedrale, si apre l’ingresso alla cripta del Duomo, dove è custodito il sepolcro e la statua bifronte di San Matteo. Per i salernitani, è un luogo tradizionale per la celebrazione delle nozze, per provare la propria devozione al Santo Patrono e riceverne la benedizione.
ROBERTO IL GUISCARDO (1015-1085)
Discendente dalla famiglia normanna degli Altavilla, nel 1059 è nominato duca di Puglia, Calabria e futuro re della Sicilia da papa Nicolò II. Negli anni 1046-1077 conquistò l'Italia meridionale, sottraendola ai bizantini e ai longobardi. In particolare, combatté contro il principe longobardo Gisulfo II di Salerno, fino a che, nel 1077, non conquistò la città di Salerno, dove pure riuscì a condurre in salvo papa Gregorio VII, assediato a Roma da Enrico IV. In città il suo nome è legato in particolare alla edificazione della Cattedrale, consacrata nel 1086.
24. VIA ANTONIO GENOVESI
La strada, parallela a via Duomo e adiacente a via dei Bastioni, prende il nome dall’importante economista, scrittore e filosofo salernitano del XVIII secolo, docente dell’Università di Napoli, dove ricoprì la cattedra di "meccanica e commercio", la prima di economia politica in Europa. Le sue opere filosofiche ebbero uno straordinario successo in Europa, in particolare in Germania, in Spagna e in Portogallo.
VIA DEI BASTIONI E L'ANTICA CINTA MURARIA
Il mare a sud e il monte Bonadies a nord difendevano naturalmente Salerno. Sul monte era posta la *turris maior*, elemento difensivo costruito durante la guerra greco-gotica (535-553), oggi inglobata all’interno delle strutture del castello angioino-aragonese, e da essa ad est e ad ovest scendevano due cortine murarie che chiudendosi a sud verso il mare conferivano alla città la tipica forma triangolare delle città bizantine. Alcuni tratti delle mura occidentali sono ancora visibili. Queste in età longobarda seguivano il corso del torrente Fusandola e si congiungevano in basso con la Porta della Catena, immediatamente a ridosso della odierna chiesa dell’Annunziata. Il tratto orientale delle mura scendeva nei pressi della chiesa di S. Filippo Neri, dove ancora è visibile una torre cinquecentesca, e attraversando la salita di Montevergine scendevano verso l’attuale via delle Botteghelle a ridosso del Monastero femminile di S. Giorgio.
In età normanna l’ampliamento urbano si estese verso oriente e un nuovo tratto di mura fu costruito alle spalle della nuova cattedrale, l’odierna via dei Bastioni. La cinta muraria scendendo per via S. Alferio giungeva in piazzetta Acerenza e inglobando il nuovo palazzo di governo (Castel Terracena), chiudeva a sud nei pressi della chiesa del Crocifisso poco distante dalla chiesa di S. Maria de Domno.
25. VIA DEI CANAPARI
La via corre nella zona nota come rione San Giovanniello, che prende il nome dalla chiesa di San Giovanni de Cannabariis, annessa alla residenza normanna di Roberto il Guiscardo. Qui si concentravano le maestranze artigiane dedite alla lavorazione ed alla vendita di canape, reti, sacchi e cordami di vario genere, da cui deriva il toponimo della strada.
RIONE SAN GIOVANNIELLO
Il rione San Giovanniello, di origine medievale, si presenta oggi come il risultato di operazioni di sventramento compiute dopo il secondo conflitto mondiale. Nell’estate del 1943 a partire dal 21 giugno, in più tempi, Salerno è stata infatti teatro di bombardamenti anglo-americani e di scontri, avvenuti anche a colpi di cannone, ad opera dei tedeschi. Ad essere colpite furono sia le zone immediatamente limitrofe il centro di Salerno, come le frazioni di Pastena e Giovi, sia alcuni rioni del Centro storico, tra i quali appunto il rione San Giovaniello, dove sono ancora visibili edifici allo stato di rudere.
26. CASTEL TERRACENA
Si tratta verosimilmente della residenza dei duchi normanni. I paramenti delle case-torri che affacciano in Largo San Giovanni, esibiscono resti di decorazioni ad intarsio lapideo, risultato di fasi costruttive comprese tra XI e XIII secolo. Il complesso è stato teatro di assedi ed ha ospitato sovrani, tra cui la madre di Federico II, Costanza D’Altavilla, come testimoniato dalle miniature del poema di Pietro da Eboli, il Liber ad honorem Augusti.
LE TARSIE LAPIDEE
L’edificio conserva ancora tracce delle decorazioni originali di epoca normanna, come le finestre bifore e monofore arricchite da cornici a intarsi geometrici colorati, realizzati con blocchi di tufo grigio, tufo giallo, calcarenite e cotto, secondo la moda del tempo.
LIBER AD HONOREM AUGUSTI
Il *Liber ad honorem Augusti sive de rebus Siculis*, noto come *Carmen de motibus Siculis* è conservato alla Burgerbibliothek di Berna. Il carme, dedicato all’Imperatore Enrico VI di Svevia, fu composto tra il 1195 e il 1197 da Pietro da Eboli, vissuto presso la corte sveva a cavallo tra l’XI e il XII secolo. Nel poema, sei miniature fanno riferimento al castello, indicandone la collocazione alle spalle del duomo, nella zona a valle del monte *Bondies*.
27. VIA PIETRO BARLIARIO
Medico salernitano vissuto forse nel XII secolo, avrebbe praticato, secondo la leggenda, le scienze occulte e l’alchimia, provocando involontariamente la morte dei nipoti nell’incendio del suo laboratorio. Dopo aver bruciato i suoi libri di magia si sarebbe pentito davanti ad un crocifisso ligneo (oggi al Museo Diocesano) e Gesù avrebbe chinato il capo in segno di perdono.
La sua figura ha avuto molto successo nel folklore salernitano che gli ha attribuito la prodigiosa erezione dell’acquedotto medievale, denominato “Arco dei diavoli”.
IL CROCEFISSO
Il cosiddetto ‘Crocifisso di Pietro Barliario’, assai deteriorato, presenta nella raffinata stesura pittorica affinità stringenti con la pittura umbro-laziale dei decenni centrali del XIII s. La posizione dei dolenti, Maria e Giovanni l’Evangelista, ai lati di Cristo è tuttavia un tratto arcaizzante che si rintraccia nel secolo precedente. E’ possibile che la croce sia giunta a Salerno con i primi frati francescani, i quali, su esempio del fondatore Francesco, promuovevano un’intensa venerazione del Crocifisso.